#Oggiparliamocon Francesco Cerritelli

Chi sono gli osteopati italiani? In che modo collaborano con gli altri professionisti sanitari? Lo ha rivelato la ricerca OPERA (Osteopathic Practitioners Estimates and Rates), il primo studio sulla professione osteopatica, commissionato dal ROI e pubblicato dalla rivista scientifica PLOS ONE da un team di ricercatori di COME Collaboration Onlus, una fondazione interdisciplinare per l’eccellenza e la ricerca in osteopatia.

Ne abbiamo parlato con il suo Presidente Francesco Cerritelli.

Come nasce l’idea della ricerca OPERA e quali obiettivi si è posta COME Collaboration avviando l’indagine?
La ricerca nasce da un progetto internazionale partito in Benelux nel 2010 dall’osteopata Patrick van Dun, membro di COME Collaboration, che si è posto l’obiettivo di condurre un censimento sulla professione osteopatica in queste tre nazioni. La base scientifica e l’esperienza maturata dal primo studio ha portato alla decisione di condurre la stessa indagine anche in Italia, resa possibile dalla collaborazione con il ROI. Lo scopo della ricerca era di identificare il profilo medio degli osteopati italiani, osservare la loro distribuzione geografica sul territorio nazionale, identificare le attitudini degli osteopati in termini di tipologia di trattamento e la loro integrazione e collaborazione all’interno di una cura multidisciplinare centrata sulla persona.
Il progetto ha attraversato vari step che hanno portato alla validazione del questionario, all’ottimizzazione del protocollo e alla struttura di un sistema in grado di mantenere la privacy secondo gli standard internazionali. Quindi abbiamo dato vita a una serie di preziose collaborazioni, fondamentali per la realizzazione dell’indagine: il ROI è stato naturalmente il principale motore e promotore, ma hanno contribuito anche numerosi istituti di osteopatia in Italia (che sono visibili sulla pubblicazione di PLOS ONE) e altre associazioni. È stato un progetto di successo, sia per i risultati prodotti, sia per il sostegno ricevuto dalle varie realtà italiane coinvolte.

Quali sono le principali evidenze emerse e quali sono i nuovi trend che avete rilevato nella professione osteopatica?
I dati emersi sono molto interessanti: secondo la ricerca, il numero degli osteopati in Italia oscilla tra i 4.600 e i 5.600 che corrisponde a circa 8 professionisti ogni 100.000 abitanti. Il 67% degli osteopati sono uomini, ma i risultati mostrano negli ultimi anni un aumento degli osteopati donne. La popolazione osteopatica si distribuisce per oltre la metà nel Nord Italia, il 31% nel Nord-Ovest e il 24% nel Nord-Est. Il trend da sottolineare è, però, quello relativo alle fasce demografiche: prevale infatti quella compresa tra i 30 e il 39 anni (40%) e si assiste a un vero e proprio ricambio generazionale: gli over 65 rappresentano solo lo 0,3%, a fronte di una popolazione osteopatica di under 30 pari al 22%, con un rapporto di 66 giovani adulti per ogni over 65. L’osteopatia è quindi una professione che attrae sempre di più i giovani e che, quindi, è destinata a esplodere nei prossimi anni.

Quali sono gli scenari futuri per gli osteopati? L’identikit tracciato dalla ricerca è destinato a mutare? Ritiene ci siano evoluzioni che possono emergere nel prossimo futuro?
Se osserviamo i trend di cui abbiamo parlato, è facile prevedere un’evoluzione molto positiva nel numero dei giovani osteopati che faranno il loro ingresso nel mondo del lavoro nei prossimi 5/7 anni. L’osteopatia continuerà a essere una professione giovane e avrà come caratteristica intrinseca l’apertura alla collaborazione con gli altri professionisti sanitari, proprio per la capacità dei giovani di integrarsi con la multidisciplinarietà. Si apriranno sempre di più scenari collaborativi, sia nel privato sia nel pubblico, e aumenterà la capacità di interfacciarsi con un Sistema Sanitario Nazionale che si sta evolvendo verso questa direzione di apertura. Già dai dati OPERA emerge questa tendenza: ben il 42% degli intervistati dichiara di collaborare con altri professionisti sanitari. Inoltre, l’indagine rivela l’interesse degli osteopati italiani verso il continuo aggiornamento professionale. È un elemento da non sottovalutare perché l’osteopata non ha l’obbligo di frequentare corsi come è invece richiesto ad altri professionisti, eppure il 58% del campione afferma di dedicare un quarto, o addirittura la metà, del suo tempo lavorativo a questo aspetto.

Quali saranno i prossimi passi della ricerca OPERA?
Uno dei vantaggi di questa indagine è la sua ripetibilità e la nostra idea è di sviluppare nuove rilevazioni a distanza di tempo per registrare tutti i cambiamenti che avverranno. Vogliamo indagare sull’evoluzione della geolocalizzazione della professione, capire quali ambiti di specializzazione sceglieranno maggiormente gli osteopati in futuro e come muteranno le loro competenze e le collaborazioni multidisciplinari, soprattutto dopo l’ufficiale inserimento del Sistema Sanitario Nazionale in seguito al riconoscimento della professione.