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La Cochrane Collaboration è la famosa organizzazione internazionale, fondata a Oxford nel 1993 da Ian Chalmers e un gruppo di 70 colleghi, con lo scopo di creare e diffondere revisioni sistemiche di studi clinici controllati al fine di supportare i professionisti della salute nel prendere decisioni informate.

Oggi la fondazione gode della collaborazione di circa 11.500 persone in oltre 90 paesi, un grado di partecipazione e che collaborazione che la rende la più grande organizzazione mondiale impegnata nella preparazione di revisioni sistemiche finalizzate a facilitare le decisioni mediche.

Le ragioni alla base della sua crescita esponenziale sono rintracciabili nella parallela crescita della necessità degli operatori sanitari di utilizzare la evidence-based medicine, la medicina basate sulle evidenze.

 

Perché? Facciamo un passo per volta.

Nonostante i grandi progressi scientifici e tecnologici la medicina resta “a science of uncertainty and an art of probability” come sosteneva Sir William Osler, padre della medicina moderna. La variabilità delle decisioni mediche è il risultato di differenti approcci verso lo stesso problema, uno dei quali basato sulla “logica” a partire dalla comprensione del processo fisiopatologico, che può però essere viziato da altre condizioni del paziente.

Per ridurre le incertezze nelle decisioni mediche, la comunità scientifica ha sentito l’esigenza di rafforzare le basi scientifiche attraverso la EBM, l’uso razionale delle migliori evidenze esterne disponibili attraverso la ricerca sistematica, assimilati all’esperienza clinica, per valutare il miglior percorso terapeutico per un paziente.

 

Cosa significa? In primo luogo che l’evidenza clinica e l’esperienza clinica non si escludono a vicenda. In altre parole, la EBM non porta a circoscrivere “the art of medicine”. In secondo luogo, che si tratta di un concetto particolarmente stimolante per il professionista che, per poter utilizzare le migliori evidenze esterne disponibili, deve aggiornarsi costantemente. Infine, che la EBM cerca di scoprire “il miglior percorso assistenziale”, principio innato della medicina.

 

Pertanto il medico ha il ruolo fondamentale di valutare il corso e gli effetti dell’intervento oltre che di servirsi dell’acume clinico per apportare modifiche laddove ritenuto necessario.

Al professionista dunque è richiesto di essere sempre in grado di dare una valutazione autonoma dell’informazione scientifica basata sulla comprensione della logica della ricerca e della sperimentazione clinica. Non è sempre semplice poiché, oltre alla scarsa disponibilità di tempo, la letteratura scientifica propone articoli di studi i cui risultati sono spesso tra loro in contraddizione. In aiuto del professionista arrivano proprio le revisioni sistemiche e l’intenso lavoro realizzato dalla Cochrane Collaboration e dal loro database regolarmente aggiornato.

 

Se il 30-50% delle decisioni mediche beneficia della EBM, perché non trasferire questo approccio anche all’attività quotidiana dell’osteopata?

Non è certo cosa semplice: molte difficoltà sono da ricondurre alla mancanza di prove concrete. È fondamentale arricchire la produzione scientifica realizzando studi clinici controllati che possano essere alla base della EBM anche in ambito osteopatico.