#Oggiparliamocon Daniela Barberini

L’albero come metafora di diversità, imprevedibilità e complessità è alla base del “Tree-Thinking”, il modello di analisi in medicina di cui ha parlato nell’ultimo Congresso ROI Daniela Barberini, logopedista che nel 2013 ha fondato la Cooperativa Sociale Alint-Logopedia Integrata.

Di cosa si tratta nel concreto e come si può applicare nel trattamento del paziente con cronicità? Lo abbiamo approfondito con lei nella nostra intervista mensile.

In cosa consiste il modello di analisi Tree-Thinking?
Il termine Tree-Thinking deriva da un gruppo di studiosi evoluzionisti che prendendo spunto dal famoso schizzo di Darwin che inaugurava la teoria dell’evoluzione hanno coniato questo termine. Questi studiosi hanno assunto il modello evoluzionistico come vera e propria metodologia di pensiero. Il fatto che dal ‘ramo’ dei vertebrati derivino animali così diversi come un pesce e una mucca, ci sollecita a considerare la reale provenienza del nostro oggetto di studio (nel nostro caso il paziente) senza fermarsi a mere definizioni didascaliche o a leggi cristallizzate nel tempo. Risalire indietro nel tempo biologico di un paziente vuol dire poter individuare il momento in cui una patologia o disfunzione si è resa ramificazione di un altro ramo da cui prende origine. Quindi la ricerca, la conoscenza deve tenere presente quel poco di vecchio e quel poco di nuovo che è sempre presente in ogni momento diagnostico e dunque terapeutico. La teoria della complessità già rende conto di questa presenza simultanea di elementi che all’interno del sistema stesso sono gerarchicamente uguali. In un albero ogni foglia, ogni ramo, ogni radice è importante anche se la vita e l’integrità funzionale non sono contenute in nessuno di essi in via esclusiva. Questo ci conduce alla seconda parte dell’evoluzione e cioè l’adattamento, o meglio l’adattività, una facoltà che consente a tutti i sistemi biologici di mantenere una o più funzioni con aumento dell’entropia che potrà determinare altre disfunzioni nell’organismo in un arco temporale non prevedibile.

Cosa deve fare un operatore sanitario per modificare il suo punto di osservazione?
Secondo il mio pensiero un operatore sanitario che voglia acquisire la capacità di ‘vedere’ le cause e gli effetti di una patologia o disfunzione nella loro complessità deve educare lo sguardo a cogliere l’insieme e l’elemento nello stesso momento osservativo, come quando guardiamo un albero e inconsapevolmente vediamo l’albero e i suoi rami, le foglie, le radici affioranti, tutto nello stesso momento. Se guardiamo le foglie spariranno le radici e viceversa.

In che modo il modello di analisi Tree-Thinking può applicare nella cura della cronicità?
Educare un nuovo sguardo, il nostro sguardo, significa imparare a mettere in relazione i singoli elementi del sistema osservato, ragionando in termini evoluzionistici e ad assegnare maggiore importanza alla relazione tra gli elementi del sistema preso in esame che non agli elementi stessi.
Il modello del Tree Thinking ci offre la possibilità di far diventare l’atto di cura un processo nuovo, se operato nella complessità: un atto di cura nella dimensione temporale presente, ma anche atto di prevenzione degli adattamenti successivi che spesso diventano portatori di nuove disfunzioni prima e patologie vere e proprie successivamente. Quindi ‘vedere’ in un nuovo modo ci consente di ‘pre-vedere’ gli sviluppi futuri di una disfunzione o patologia, curandoli non nel futuro ma nel presente. Penso che questo modo di operare in sanità potrebbe diventare non solo un modo più efficace di fare prevenzione della cronicizzazione o insorgenza di comorbilità ma di costruire salute e non malattia.